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mercoledì 2 marzo 2011

la magia della notte

Era una magnifica notte stellata, senza luna. Il cielo sembrava un’esplosione di luci che filtravano da chissà quale lontano angolo dello spazio.
Tutta la tensione accumulata in intensi giorni di studio matto e disperato e la paura di non ricordare neanche il mio nome, si erano dissolti magicamente all’uscita da scuola. Sorridevo stanca e provata dalla notte insonne, ma pronta a mordere avidamente l’estate ed il meritato riposo!
Così, chiusi dietro di me la porta dell’aula dove avevo appena discusso la mia maturità, salutai mia madre e mia sorella, consegnai loro tesina e libri, mi tolsi le scarpe col tacco e corsi incontro a quelle 4 scapestrate che mi aspettavano al di là del corridoio.
Anna aveva abilmente sottratto a suo padre il Maggiolone rosso fuoco decappottabile, Simona aveva provveduto alla musica, Cristina era stata nominata organizzatrice ufficiale della giornata e Francesca aveva portato spuntini, creme solari per tutte, l’immancabile macchina fotografica, informazioni sulla movida salentina ed un’inesauribile quantità di bijoux, borsette, trucchi e gossip freschi di giornata.
Eravamo raggianti, giovani, felici e con tanta voglia di vivere e nutrirci di novità. E quella fu, per antonomasia, la “nostra estate”!
Capelli al vento, occhiali da sole e Maggiolone scintillante, non passavamo certo inosservate! Da Lecce a Gallipoli cantando a squarciagola Sleeping in my car dei Roxette, Pipes and flowers di Elisa, Tunnel of Love dei Dire Straits, I’m the king of Bongo di Manu Chau, Sunday bloody Sunday degli U2 e poi ancora Cranberriers, Tina Turner, Pupo, Renato Zero e tanto altro…
Era l’11 luglio del 2001. Con me, l’ultima del gruppo, si chiudeva un ciclo e ne iniziava un altro. Noi da sempre inseparabili, cresciute insieme dai tempi del nido, vicine di casa, amiche e sorelle, ci saremmo trovate  a dover combattere contro un nuovo e sconosciuto nemico: la lontananza. Si perché ognuna di noi sarebbe finita in città diverse… Sembrava quasi impossibile! Per questo avevamo fatto un patto: avremmo trascorso l’estate più bella di sempre ed avremmo evitato di parlare di settembre.
E fu davvero così…
Trascorsi l’intero pomeriggio in spiaggia, tra tuffi, tintarella, pallavolo, pedalò e gelato sotto la tettoia del bar.
Era solo un mercoledì di inizio luglio, quindi c’era poca gente in spiaggia e poche cose da fare in giro, ma noi ci sapevamo arrangiare comunque.  Aspettammo che tramontasse il sole: l’enorme sfera arancione si tuffò lentamente nell’azzurro mare di Gallipoli e l’imbrunire dolce e profumato di salsedine, ci sorprese ancora in costume a giocare a ruba bandiera con i nostri amici.
La fame fu un ottimo deterrente contro le nostre solite perdite di tempo: strano a dirsi, 5 ragazze riuscirono a lavarsi, vestirsi e truccarsi in tempo record. Alle 21:15 eravamo già nel parcheggio del nostro ristorantino preferito.
Una decina di tavoli a strapiombo sul mare di Santa Caterina, ottimo pesce e piatti tipici locali, in sottofondo la voce di Nina Simone, il canto delle sirene della leggenda e lo sciabordio delle onde… e le nostre risate…
Dopo cena ce ne andammo a fare una passeggiata sul lungomare. Era davvero una serata magnifica! Non saprei dire se fosse resa tanto speciale dalla fine degli esami, dai profumi di fiori e salsedine che coloravano l’aria di mille sfumature o dal vino che ci rendeva particolarmente allegre, ma c’era un’atmosfera perfetta.  
Pochi metri e molte foto dopo, arrivammo ad una rotonda sul mare, famosa per il baretto Cocopalma, dove si bevono i migliori Mojito della costa, ma celebre anche per la vista mozzafiato: è una piccola lingua di terra, bagnata su tre lati dal mare. Se ci si affaccia dal muretto della rotonda, è come se si galleggiasse sospesi sull’acqua. Ed è una sensazione stupenda.
Ad allietare i presenti, c’era un gruppo che suonava musica caraibica ed un paio di ballerini bravissimi che coinvolgevano tutto il pubblico presente, in balli e sculettamenti vari. Simona, tra tutte, era quella più portata per i balli caraibici e soprattutto per gli “sculettamenti vari”. Solitamente cercavamo sempre di coinvolgerla in eventi del genere: non perché noi non ne fossimo capaci, ma solo perché vederla ballare e ammiccare sensuale costituiva il momento più divertente della serata! Per intenderci, lei era quella che a cena ordinava fragole intere con panna, solo per il gusto di provocare i ragazzi dei tavoli vicini!
Tra un Mojito ed una bachata, ci ritrovammo giù in spiaggia, stese sulle sdraio di un lido del posto a guardare il cielo. Era molto tardi e non c’era più nessuno in giro. Solo noi 5, il mare ed i nostri pensieri.
Cosa passasse per la testa delle altre non saprei dirlo con certezza, ma so solo che ad un certo punto le lacrime cominciarono a bagnarmi il volto. Per quanto mi sforzassi di ricacciarle indietro, non vi riuscii. Senza dire una sola parola, Cristina mi prese la mano e Francesca, quasi a rispondere alla domanda di tutti, disse “Eh… in qualche modo faremo. Si cresce e si cambia, questo è normale. Ma noi… noi… siamo Noi!”.
In quel momento dal cd di Cristina, ci arrivarono le note della traccia numero 9: Nightswimming dei R.E.M.
Mi alzai di scatto dalla sdraio, mi spogliai e mi buttai in mare. Nel momento in cui Michael Stipe cantava
Nightswimming deserves a quiet night.
I’m not sure all these people understand.
It’s not like years ago,
The fear of getting caught,
Of recklessness and water.
They cannot see me naked.
These things, they go away,
Replaced by everyday.

noi 5 eravamo tutte in acqua a divertirci e cantare a squarciagola e forse le lacrime avevano finalmente trovato il modo di camuffarsi tra le gocce d’acqua  e l’oscurità di quella notte d’estate…

lunedì 28 febbraio 2011

c'era una volta una cicogna...

Gabrielle. Così si chiamano quei magnifici 3 chili e 400 grammi di tenerezza e amore allo stato puro.
E’ arrivata così, in un giorno di pioggia battente e di vento burrascoso, senza molto preavviso, né troppo clamore, sicura che l’avremmo accolta con una felicità indescrivibile.
…E d’improvviso  è stato come se fosse sorto il sole più bello e luminoso mai visto!
Ha fatto il suo ingresso nel nido avvolta in una tutina giallo canarino che le stava troppo grande, con i pugnetti chiusi e con gli occhi vispi che si guardavano attorno incuriositi da tante luci, dopo mesi trascorsi in un rassicurante e familiare buio.
Sulle cullette vicine alla sua, campeggiavano cartellini rosa e azzurri con cicogne che indicavano il nome dei bimbi nati poco prima della mia Gabrielle. Era un tripudio di pianti, strilli, colori tenui e manine che si alzavano al cielo, imploranti latte, coccole, attenzioni e pannolini puliti. In tutto questo tenerissimo garbuglio di amori e umori, c’era lei: calma, bellissima con le sue guanciotte rosa e gli occhioni blu. Girava lo sguardo da un punto all’altro e sembrava contemplasse la bellezza di quello strano nuovo mondo in cui si trovava. Se stesse ripensando al suo recente viaggio, alla sua mamma dispersa chissà dove, alla rimpianta quiete del pancione o al dispettoso Andrea che urlava disperatamente da chissà quanto tempo, resta un mistero… Fatto sta, che dopo qualche minuto di riflessione assorta e silenziosa, ha sbadigliato e si è adagiata in un sonno di piuma.
Al di qua del vetro c’ero io. Ammiravo, commossa, quel piccolo miracolo di perfezione e ne memorizzavo ogni respiro, ogni lineamento ed ogni sfumatura di colore. Ne immaginavo persino l’odore delicato di zucchero fruttato e latte… Avrei pagato tutto l’oro del mondo per poterle prendere le manine, ma non mi era permesso. Così mi facevo bastare l’immenso dono che mi regalava la visione di quel fagottino morbido e rosa.
Dopo un tempo che non saprei definire, una risata lontana lontana, mi ha riportato alla realtà: era Lorenzo, mio fratello che, divertito, mi riprendeva con la videocamera e minacciava “stavolta finisci dritta su Youtube, cara sorellina! Gabrielle, guarda tua zia e promettimi di non diventare mai come lei!”.
È la solita peste, mio fratello… Spero solo che ora la figlia lo rimetta in riga! Conoscendolo, sono quasi certa che quel video finirà in rete, dopo essere stato visionato da tutta la famiglia. Anzi, per i prossimi 30’anni, ad ogni cena, riunione, Natale e Pasqua, tirerà fuori la storia di sua sorella vestita da clown, con il naso rosso incollato al vetro del nido che fissava la nipotina e piangeva sciogliendosi tutto il trucco. “Pensavo che i clown di corsia dovessero sempre ridere e donare sorrisi, non piangere disperati davanti a un vetro!” scommetto diventerà la frase di chiusura del suo numero da simpatico umorista!
Che pazienza che ci vuole ad essere i maggiori…

mercoledì 23 febbraio 2011

Questa sono io

Nome completo: Rebecca Gaia Rossi
Classe: 1982
Segno zodiacale: Toro
Passioni: troppe e poco tempo per alimentarle tutte
Pregi: affidabile, divertente ed entusiasta
Difetti: lunatica da morire e spesso timida
Piatto preferito: linguine al pesto e frisa col pomodoro

La mia vita è iniziata come in un film e, da buona star hollywoodiana, sono finita persino su diversi quotidiani locali, nazionali ed internazionali. Ed ora vi racconto come sono andate le cose...
Sono nata in una soleggiata mattina d'estate nel lontano 1982, qualche giorno prima che l'arbitro Vautrot fischiasse il calcio d'inizio di Italia-Polonia.
I miei genitori, Paolo e Margherita, giovani sposi super innamorati, avevano già da settimane predisposto la classica riunione tra amici per vedere la prima partita del Mondiale di Spagna '82. Di ritorno dal viaggio, avrebbero finalmente inaugurato il loro nido d'amore, con un pantagruelico pranzo, battute e risate tra amici di vecchia data ed un mare di pittoreschi insulti rivolti all'arbitro ed ai giocatori della squadra avversaria, conditi da birre fredde e patatine San Carlo! Fantastico...
Senza contare che di lì a poco, il giovane Paolo Rossi (non il calciatore, ma il mio papà), avrebbe portato in ospedale la mini t-shirt della nazionale italiana, da far indossare al suo piccolo Lorenzo. Che sarei io.
Tutto filava liscio come l'olio. Persino il viaggio negli Stati Uniti, nonostante la mia mamma fosse quasi all'ottavo mese di gravidanza, procedeva alla grande!
Così, dopo aver visitato Miami, le Keys Islands ed alcuni nostri cugini che vivono a Fort Lauderdale, i miei genitori si erano imbarcati sul volo che li avrebbe riportati a casa, via NYC.
Quando..... la hostess Kelly Rodriguez, ha pronunciato la fatidica frase "Se c'è un medico a bordo, si faccia avanti!".
Ebbene sì, sono nata tra applausi scroscianti (gli americani sono famosi per queste scene da film), sui limpidi cieli della Florida e tra le braccia di un giovane ed emozionato specializzando di cardiochirurgia, Ted Donovan, e di un'assistente dentista in pensione, la signora Rebecca Westriver!
Quanto al mio nome… beh, immaginate la sorpresa dei miei genitori che avevano scelto Lorenzo con tanta cura! Sprovvisti di nomi femminili pret-à-porter, mi hanno chiamata Rebecca come la canuta signora Westriver e Gaia perché, dicono, che sprizzavo gioia da tutti i poricini e dispensavo sbadigli beati e sorrisi sdentati a tutti.


Questa è la mia storia, dunque. E questo vi fa capire per quale motivo io abbia spesso la testa tra le nuvole. O almeno, a quanto sosteneva sempre mia nonna…